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Una cornice per un puzzle
da 100 pezzi
• Una cornice per un puzzle da 100 pezzi • Boccacciano o boccaccesco? Fortuna e censura del Decameron
1. Nome greco, cognome cavalleresco

Il Decameron è una raccolta di cento novelle, scritto probabilmente tra il 1348 e il 1353. Il titolo completo del capolavoro di Boccaccio è, di per sé, “…il libro chiamato Decameròn, cognominato Prencipe Galeotto, nel quale si contengono cento novelle, in diece dì dette da sette donne e da tre giovani uomini”. Il “nome” è l’unione di due parole greche: δε κ , numerale invariabile dieci e ηµε plurale del sostantivo ηµερα, che letteralmente significano “di dieci giorni” e sottintende il soggetto “novelle”. Novelle di dieci giorni, dunque, sul modello di molti scritti dei Padri della Chiesa1 sulle sei giornate bibliche della creazione intitolati Hexaemeron. Il più famoso di questi è senza dubbio l’Exameron di S. Ambrogio del 387. Il “cognome” dell’opera allude al dantesco “Galeotto fu ‘l libro”, celebre passo del canto V dell’Inferno della Divina Commedia, dove, raccontando il dramma di Paolo e Francesca, Dante rievoca la
storia d’amore tra Lancillotto e Ginevra e la figura di questo Galeotto, che fu, per loro, qualcosa più che un
semplice mezzano.2
2. Un lingua greca tutta sua

Come aveva già fatto per due scritti del cosiddetto periodo napoletano, il Filocolo e il Filostrato, Boccaccio si pavoneggia con un titolo grecizzante, finalmente corretto. I nomi dei protagonisti delle due opere giovanili sono infatti invenzioni bizzarre di Boccaccio, in un greco un po’ maccheronico. «Filostrato – scriveva nel poema – tanto viene a dire quanto uomo ‘vinto e abbattuto dall’amore’». Boccaccio credeva, infatti, che φιλοσ volesse dire ‘amore’, mentre la seconda parte, στρατοσ, in greco significa campo, esercito.3 «Filocolo – scriveva, non pago, nell’omonimo romanzo – è da due greci nomi composto, da philos e da colon; e philos in greco tanto viene a dire in nostra lingua quanto ‘amore’, e colon in greco similmente tanto in nostra lingua risulta quanto ‘fatica’; onde, congiunti insieme, si può dire, trasponendo le parti, ‘fatica d’amore’». Greco puramente immaginario, visto che φιλοσ di per sé vuol dire amico e χολοσ significa bile, furore. Per cui il nostro Filocolo, più che un “sofferente per amore”, risulterebbe un “amico della bile”.4 1 Gli scrittori cristiani dei primi secoli, perlopiù i vescovi (da cui la definizione di “padri”). 2 Dante fa riferimento ad un certo Galehaut, siniscalco della regina che, secondo i rituali cavallereschi dell’investitura amorosa, avrebbe fatto da mallevadore tra i due amanti, una specie di testimone del reciproco patto d’amore stretto tra Lancillotto e Ginevra. 3 Il Filostrato è un poema narrativo in ottava rima di materia classica: sullo sfondo della guerra di Troia, racconta la storia dell’infelice amore di Tròiolo, figlio del re troiano Priamo, per la prigioniera greca Criseida. A Boccaccio si ispirò, tacitamente, mezzo secolo dopo, Geoffrey Chaucer per il suo Troilus and Criseyde, da cui fondamentalmente è tratto il dramma shakesperiano omonimo. 4 Il Filocolo riprende la storia di due amanti, Florio e Biancifiore, già divulgata nella letteratura medievale francese. In un imprecisato passato, Biancifiore, figlia di un nobile romano massacrato durante un pellegrinaggio verso Santiago de Compostela. Anche la madre muore, dandola alla luce e la piccola viene ospitata e cresciuta alla corte del re, insieme
3. Una cornice per un puzzle da 100 pezzi

Siamo nel 1348: mentre a Firenze infuria il flagello della peste “nera”, sette giovani donne, rimaste sole al mondo, incontratesi un giorno nella chiesa di S. Maria Novella, decidono di ritirarsi insieme, guidate da Pampinea, la più anziana tra loro, in una villa di campagna per sfuggire al contagio e per recuperare quel modo di vivere civile e armonioso che regnava a Firenze prima del terribile flagello. A loro si affiancano tre giovani amici e insieme trascorrono il tempo tra banchetti, canti, balli e giochi. Nell’introduzione ad ogni giornata, prima della carrellata delle dieci novelle quotidiane, viene descritta la vita gioiosa di questa “allegra brigata”. Tra novella e novella, poi, si inseriscono i brevi commenti
degli ascoltatori e ogni giornata poi si chiude con il quadretto idilliaco della cena in campagna e con una
ballata, cantata a turno da uno dei giovani. Tutto questo costituisce una sorta di macroracconto nel quale si
inseriscono, come “racconti nel racconto”, le cento novelle. Per questa ragione il Decameron si presenta
come un’opera articolata su due livelli di narrazione: il narratore-Boccaccio racconta la storia dei dieci
giovani (la cosiddetta “cornice”, mentre i dieci ragazzi raccontano le storie che vedono protagonisti i
personaggi che hanno reso famoso il Decameron: Cisti, Chichibio, Calandrino …
I
II
III
IV
V
VI
VII
VIII
IX
X
Comincia la prima giornata del «Decameron», nella quale […] sotto il reggimento di Pampinea con Florio, il figlio del re, nato proprio lo stesso giorno. I due, com’era facile prevedere, si innamorano, ma il re ostacola la loro relazione… Su questi due opere cfr. G. CONTINI, Letteratura italiana delle origini, Firenze, Sansoni, 1976, pp. 704, 710-1. 4. Le dieci giornate

Giunti nella tenuta, i dieci ragazzi passano il tempo passeggiando, suonando il liuto e danzando, raccontandosi delle storielle. I giovani si fermano in campagna per due settimane e ogni giorno, ad eccezione del sabato e della domenica, nelle ore più calde del pomeriggio, si ritrovano su un prato. Qui decidono di eleggere un re o una regina cui tocca scegliere il tema della giornata al quale tutti dovranno ispirarsi per il loro racconto. Giornata
re/regina
argomento
Libero sia a ciascuno di quella materia ragionare che più gli sarà grado. Si ragiona di chi, da diverse cose infestato, sia oltre alla sua Si ragiona… di chi alcuna cosa molto da lui desiderata con industria acquistasse o la perduta recuperasse. Si ragiona di coloro li cui amori ebbero infelice fine. Si ragiona di ciò che ad alcuno amante, dopo alcuni fieri o sventurati accidenti, felicemente avvenisse. Si ragiona di chi, con alcun leggiadro motto, tentato, si riscotesse, o con pronta risposta o avvedimento fuggì perdita o pericolo o scorno. Si ragiona delle beffe, le quali o per amore o per salvamento di loro, le donne hanno già fatto a’lor mariti, senza essersene avveduti o no. Si ragiona di quelle beffe che tutto il giorno o donna ad uomo o uomo a donna o l’uno uomo all’altro si fanno. Si ragiona ciascuno secondo che gli piace e di quello che più gli aggrada. Si ragiona di chi liberamente ovvero magnificamente alcuna cosa operasse intorno a’ fatti d’amore o d’altra cosa.
5. L’allegra brigata

Del Decameron, tuttavia, più che i nomi dei “novellatori”, si ricordano i nomi dei protagonisti dei racconti. Frate Cipolla, Nastagio degli Onesti, Landolfo Rufolo e gli altri personaggi delle novelle sono
diventati più famosi dei loro “autori”. Questo perché, secondo molti studiosi, i dieci giovani, tranne forse
Dioneo, sbarazzino e irriverente, non hanno caratteri e psicologie definite che facciano di loro degli autentici
personaggi. I loro nomi ricordano personaggi delle precedenti opere di Boccaccio (Fiammetta, Panfilo,
Filostrato) o personaggi letterari (Lauretta ricorda la Laura del Petrarca, Elissa rievoca la Didone virgiliana).
Molte delle caratteristiche del loro carattere si ricavano dalle “ballate” che ciascuno di loro intona al termine
delle giornate: Pampinea la “rigogliosa” è una donna matura e appagata; Filomena ricorda la donna cui è
dedicato il Filostrato; Fiammetta è la donna ardente per eccellenza, croce e delizia di Boccaccio; Emilia è la
fanciulla “vaga della sua bellezza”; Elissa è la personificazione della amara delusione; Lauretta incarna la
sospirante gelosia, mentre Neifile rappresenta l’ingenua sensualità giovanile. Tra i maschi, Filostrato ricorda
il protagonista dell’omonima opera ed è, secondo l’etimologia approssimativa di Boccaccio, l’uomo “vinto
dall’amore”; Panfilo è invece l’amante fortunato, mentre Dioneo è, come si diceva prima, il personaggio
meglio abbozzato, un “sollazzevole uomo e festevole, sensuale e spregiudicato, libero di raccontare quel che
più gli piace.
6. Dedicato alla donne

Il libro si apre con un Proemio, nel quale Boccaccio dice di volersi occupare degli afflitti, alleviando il loro dolore e distogliendoli dalle preoccupazioni con racconti piacevoli e qualche buona raccomandazione.
In particolare – scrive – il libro è dedicato alle donne, scritto “in soccorso e rifugio di quelle che amano, per
ciò che all'altre è assai l'ago e ‘l fuso e l'arcolaio”
. Perché proprio a loro? Boccaccio dice di voler rimediare
al “peccato della Fortuna” che ha riservato alle donne una vita perlopiù grama, senza tutte quelle distrazioni
(il gioco, la caccia, le attività commerciali) che invece occupano la mente degli uomini.
Esse, invece, dentro a’ dilicati petti, temendo e vergognando, tengono l'amorose fiamme nascose,
le quali quanto più di forza abbian che le palesi coloro il sanno che l'hanno provate: e oltre a ciò, ristrette
da’ voleri, da’ piaceri, da’ comandamenti de' padri, delle madri, de' fratelli e de' mariti, il più del tempo nel

piccolo circuito delle loro camere racchiuse dimorano e quasi oziose sedendosi, volendo e non volendo in
una medesima ora, seco rivolgendo diversi pensieri, li quali non è possibile che sempre sieno allegri”.

A meno che – scrive Boccaccio – non arrivi qualche “nuovo ragionamento” a rimuovere la grave La scelta delle donne come lettrici ideali del Decameron individua anzitutto il livello letterario al
quale Boccaccio intende collocare questo suo lavoro: un’opera di intrattenimento per un pubblico non di letterati di professione (le donne erano tradizionalmente escluse dagli studi e dall’alta cultura), anche se raffinato ed elegante. Il libro, poi, non è dedicato alle donne sui generis, ma, precisa Boccaccio, “a quelle che amano”:
questo accenno del proemio lascia già intendere il peso che, nel corpo dell’intera opera, avrà il motivo
amoroso, declinato nelle sue diverse forme, dalle più sublimi alle licenziose. Boccaccio capisce bene che
questo potrebbe suscitare reazioni negative in un certo pubblico di moralisti, e, in due occasioni all’interno
del Decameron, interviene direttamente: nell’introduzione alla IV giornata e poi, ancor più esplicitamente,
nella Conclusione dell’autore, Boccaccio rivendica il suo diritto ad una letteratura laica, mondana svincolata
da pregiudizi morali e religiosi.5
7. Il linguaggio e lo stile

Sa adeguare la prosa agli argomenti trattati
Grande varietà di registri
Bocaccio sa essere aristocratico ed elegante
Estrosa e vivace nei dialoghi
Assume toni grotteschi, tragici, comici.
8. Boccacciano o boccaccesco? Fortuna e censura e fortuna del Decameron
Boccaccesco, si dice ancora oggi per segnalare una battuta salace o sboccata, una situazione triviale, un
comportamento lascivo. Gli spunti più licenziosi e spregiudicati hanno chiuso per anni il Decameron in
un’immeritata fama di oscenità.
5 Cfr. G. BALDI – S. GIUSTO – M. RAMETTI – G. ZACCARIA, Dal testo alla storia, dalla storia al testo, vol. A, Torino, Paravia, 1998, pp.449-50.

Source: http://claudiamaestranzi.it/files/apopera_decameron.pdf

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High rates of muscle glycogen resynthesis after exhaustive exercise w. http://jap.physiology.org/cgi/content/abstract/105/1/7 J Appl Physiol 105: 7-13, 2008. First published May 8, 2008; doi:10.1152/japplphysiol.01121.2007 8750-7587/08 $8.00 This Article High rates of muscle glycogen resynthesis after exhaustive exercise Full Text F

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